Migliaia
di persone per un concerto indimenticabile, che anche con la pioggia, hanno
saputo sostenere i loro idoli, i Nomadi e Omar Pedrini.
Omar
Pedrini inizia il suo percorso musicale nel 1986 con i Timoria, nel 1996 inizia
la carriera da solista. Ieri sera ci ha
fatto ascoltare tre brani.
Il
primo “Senza vento”, una vecchia canzone dei Timoria, poi riarrangiata nel 2011
con uno stile più Rock. Qui ha dimostrato di avere una voce molto rock e
graffiante, anche se c’erano degli errori sugli acuti.
La
seconda canzone “Casa mia”, come lui stesso ha detto, è arrivata ultima al
Festival di Sanremo di 4 anni fa, l’ho trovata poco armonica in alcuni punti e
abbastanza noiosa.
L’ultima,
“Sole spento”, con Gilda, come seconda voce, è una canzone che gli è stata
ispirata una lettera che gli è arrivata da un ragazzo dal carcere, l’ho trovata
molto toccante ed emozionante.
Un’artista
che sa il fatto suo, un’artista che si merita di poter cantare davanti a così
tante persone, ma soprattutto nei suoi testi cerca di dare dei messaggi al
pubblico.
I
nomadi, una band nata nel 1963, la più vecchia d’Europa, che, anche, dopo tutti
questi anni sa ancora emozionare e coinvolgere il proprio pubblico, che è di
tutte le età. Hanno una grinta sul palco che sembra quella dei ragazzini.
Neanche un errore, il cantante con una voce pulita e calda, ma non da meno sono
stati il bassista e il chitarrista che hanno cantato un paio di canzoni, come
se fossero loro i cantanti. Il violinista, molto preparato, ha saputo
dimostrare tutta la sua bravura nell’assolo, durato un paio di minuti, che ha
saputo dare un momento di pausa al resto dei componenti della band.
Numerose
sono state le iniziative umanitarie legate al concerto: i soldi dei biglietti,
sono stati devoluti alla ricerca di Candiolo e, inoltre, sono state vendute
delle magliette per il terremoto in Emilia. Toccante è stato il loro grido di
Libertà per il Tibet accompagnato dalla canzone “Auschwitz”.
Una
serata davvero emozionante che resterà nel cuore di chi c’era.
Questa volta ho intervistato per voi un
cantautore di Rivoli, una cittadina vicino a Torino. Che, a settembre,
parteciperà alle selezioni per Sanremo Giovani.
Come
ti chiami? Anni? Di dove sei? E cosa studi?
Sono Riccardo D’Avino. Ho 25 anni e
provengo da Rivoli (Torino). Mi sono laureato l’anno scorso in grafica e
comunicazione pubblicitaria e ora faccio il grafico, ma sogno di diventare
musicista di professione.
Come
mai la scelta di usare il tuo vero nome al posto di un nome d’arte?
Beh, perché non ho bisogno di un nome
d’arte. Io sono già un artista tutto il giorno e non ho bisogno di trasformarmi
quando sono in studio o sul palco. Semmai mi devo trasformare in persona seria
nelle situazioni che lo richiedono. Uso il mio vero nome anche perché penso che
suoni molto bene…
Cosa
ti piace fare nella vita oltre che suonare?
Amo dedicarmi alla grafica tradizionale
e web, leggere e viaggiare.
Fidanzato?
Sì
Da
dove nasce la tua passione per la musica?
E’ proprio una bella domanda… Io sono sempre stato attratto dalla musica
fin da quando ero bambino, forse perché è l’arte che esplora meglio le mie
emozioni. Ad aiutare lo sviluppo di questa passione è stata senz’altro anche la
vastissima collezione di dischi dei miei genitori, che fin da quando ero
bambino mi hanno fatto ascoltare musica di ogni genere.
Raccontaci
la tua esperienza artistica dagli inizi ad adesso!
Ho cominciato a suonare la chitarra e a
prendere lezioni alla tenera età di 13 anni, cominciando dall’acustica, quindi
passando all’elettrica. Ho avuto alcune esperienze come chitarrista in alcuni gruppi
con cui non ho fatto granchè, se non pochi concerti, finchè a 18 anni non ho
iniziato a prendere anche lezioni di canto. Di lì a poco ho formato un nuovo
gruppo, le “Ceneri del Nulla”, che
successivamente cambierà nome in “Krill Has Gone”. E’ stato il primo gruppo con
cui ho avuto un’attività live più importante e con cui ho registrato due Ep e
una canzone per una compilation, “Hit the center”. Tuttavia, anche questa band
si è sciolta nel 2008. Da quel momento in poi ho deciso di intraprendere una
carriera solista, che sta proseguendo tuttora con risultati sempre più
soddisfacenti.
Dicci
un tuo difetto e un tuo pregio!
Il mio più grosso pregio per alcuni e
difetto per altri è il mio essere estremamente esigente e cocciuto su quello
che voglio.
Quali
sono i tuoi cantanti o gruppi preferiti?
Tra i miei preferiti ci sono artisti di
vario genere in ordine sparso, come The Police, U2, R.E.M., Toto, Ligabue,
Litfiba, Negrita, Yes, Genesis, Phil Collins, Peter Gabriel, Level 42, Fugazi,
Jawbox, At the drive-in, Lucio Battisti, Lucio Dalla, Max Gazzè, Niccolo’ Fabi,
Mario Venuti, il percussionista indiano Trilok Gurtu, Elio e le storie tese,
Deep Purple, Led Zeppelin, Foo Fighters, AC DC.
A
chi ti ispiri per i tuoi pezzi?
Agli stessi della domanda precedente, ma
anche a tutto quello che mi passa per la testa e mi convince.
C’è
ne uno a cui sei particolarmente legato?
Probabilmente i Toto, che considero uno
dei migliori gruppi al mondo per la loro tecnica, la loro creatività e la loro
versatilità.
Che
progetti hai per il futuro?
A settembre inizieranno le registrazioni
del mio primo album vero e proprio, che si chiamerà “Il mondo intorno” e
conterrà 12 brani, compresi i 4 presenti nel mio attuale Ep “Fuggire e
ritornare”, che verranno riarrangiati e ri-registrati assieme ad altre 8
nuovissime canzoni. Inoltre riprenderanno i concerti e il mio produttore è
fermamente intenzionato a portarmi alle selezioni di Sanremo Giovani. Nello
stesso periodo uscirà anche “Siamo qui”, brano dedicato alla scomparsa del
motociclista Marco Simoncelli, i cui proventi andranno tutti in beneficienza
alla Marco Simoncelli Onlus, associazione no profit gestita dai genitori di
Marco che finanzia progetti umanitari.
Che
emozione hai provato quando hai inciso il tuo primo singolo?
Innanzitutto un gran senso di sorpresa
per essere stato meno scarso di quanto pensassi… Ahahah! Scherzi a parte, le
emozioni che provo ogni volta che registro e ascolto un nuovo brano sono
indescrivibili. Sono tante immagini e tanti colori che volano nella mia mente e
nel mio cuore allo scorrere della musica e delle parole.
Dove
lo hai registrato?
“Due o tre cose che so di te” l’ho
registrata tra l’Home Studio del musicista e arrangiatore Francesco Saglietti e
il Rock Lab Studio, entrambi a Torino. Nel primo ho registrato gli strumenti,
nel secondo le voci.
Come
è stato produrre il primo EP da solo?
E’ stato molto soddisfacente. Ho potuto
seguire personalmente e con attenzione tutte le fasi di registrazione e mix e
il risultato finale è stato sorprendente, anche grazie al tocco finale del
grandissimo Alessandro Vanara, che è un tecnico di mastering che lavora
stabilmente anche ai dischi di Al Bano e che di conseguenza ha svolto un lavoro
di altissimo livello. Il suono dell’Ep è fresco e potente, ma anche più
delicato nei momenti più riflessivi, come ad esempio la canzone di cui abbiamo
parlato prima.
Cosa
te lo ha ispirato?
Me l’ha ispirato l’urgenza di far
sentire la mia voce, di esporre al mondo le mie osservazioni, le mie
insicurezze, ma anche la mia gioia e la mia voglia di esprimermi.
A
quale canzone sei più legato?
A “Questa realtà”, un brano dedicato
alla sensazione di un mondo che, come dice appunto la canzone “non ha spazio
per me”, ovvero quando sembra che non sei mai giusto per il mondo, che gira
sempre dalla parte opposta rispetto a dove stai correndo tu.
Sotto
che etichetta sei? Come sei stato scoperto?
La mia etichetta si chiama Can Can music
publishing, è di Bologna e l’ho trovata online, tramite un annuncio in cui
diceva che stava cercando nuovi artisti da produrre. Io ho inviato loro il mio
materiale, che è piaciuto molto al suo proprietario, Guido De Gaetano, il quale
mi ha messo sotto contratto.
A
quando il tuo album?
Come dicevo prima, inizierò a
registrarlo a settembre, ma la sua uscita è prevista per la prossima primavera,
dato che ci vorranno diversi mesi per la lavorazione dell’intero prodotto.
Verrà però anticipato da un singolo, che potrebbe già uscire verso febbraio
2013.
In
che città hai suonato? C’è ne una a cui sei particolarmente legato e perché?
Ho suonato in molte città italiane, ma
sono molto legato a Roma, ai suoi locali e al suo pubblico molto caloroso e
appassionato. Ovviamente sono legatissimo anche alla mia Torino, anche se devo
dire che il nostro pubblico è mediamente più disinteressato alla musica e meno
caloroso.
In
che città vorresti suonare e perché?
Non ce n’è una in particolare, vorrei
suonare in più posti possibili per diffondere il più possibile il mio
messaggio. Devo dire però che sarei molto curioso di suonare in Giappone, visto
che so che i giapponesi letteralmente impazziscono per gli artisti europei e
riservano loro rumorose ma gioiose accoglienze.
Con
che artisti hai suonato?
Ho suonato con diversi artisti dell’area
torinese e piemontese, oltre ad aver diviso il palco con artisti da tutta
Italia nel corso di vari concorsi e manifestazioni. Una volta ho avuto il
piacere di cantare in un concorso dove gareggiava anche Erica Mou, che
considero un’ottima e simpaticissima artista. All’epoca aveva solo 18 anni, ma
era già molto talentuosa. Allo stesso festival era presente un’altra artista
sempre lanciata da Sanremo Giovani quest’anno, ovvero la bravissima Giulia
Anania.
Con
che artisti ti piacerebbe suonare e perché?
Sogno di dividere il palco con i Toto,
oppure gli U2, ma anche aprire un concerto di Ligabue, Mario Venuti o altri
artisti italiani sarebbe magnifico. Perché? Perché sono gli artisti che amo!
Quali
concorsi hai fatto e quali ti hanno aiutato maggiormente in questo percorso?
Ho fatto diversi concorsi. Tra i più
noti cito il Festival di Castrocaro, il Senza Etichetta e il Premio Augusto Daolio,
dedicato al compianto ex-cantante dei Nomadi. Non ce n’è uno in particolare che
mi abbia aiutato di più. Tutti i concorsi che ho svolto mi hanno aiutato a
migliorarmi, a fare nuove conoscenze e a cogliere tanti lati positivi e
negativi del mondo musicale.
Che
rapporto hai con i tuoi fan?
Sono molto importanti per me. Con loro
interagisco sempre attraverso i vari social network e cerco di mantenere un
rapporto prezioso, perché loro sono preziosissimi, vitali.
Che
consiglio dai ai cantanti che si affacciano per la prima volta al mondo della
musica?
Una frase che mi piace molto pronunciare
ultimamente è “Per essere innovativi, non si
deve cercare di inventare un nuovo genere musicale. Bisogna solo cercare di
scrivere grandi canzoni". Secondo me, tutti noi artisti di nuova
generazione dobbiamo cercare di fare belle canzoni, perché è questo ciò che
manca all’attuale scena musicale. Oggi ci sono troppi brani “usa e getta”,
senza contenuti e fatti apposta per vendere, ma che nessuno si ricorderà più
tra pochi mesi. C’è bisogno di canzoni che entrino di nuovo nel cuore della
gente, che tra quarant’anni qualcuno canticchierà ancora davanti a un falò con
la chitarra o che suonerà ancora nei locali. Non importa quale sia il genere,
l’importante è cercare di scrivere canzoni profonde e anche originali, che non
cerchino di rifarsi a nessuno in particolare. Ecco, un altro consiglio che do a
chi sta per scrivere la sua prima canzone è quello di ascoltare più musica
possibile, non fossilizzarsi su uno o due generi, eliminare i pregiudizi e
prendere il meglio da tutto quel che si ascolta. Con “il meglio” intendo dire
tutto quello che vi ispira e che pensate che potrebbe essere riproposto in
maniera personale e unica all’interno di una canzone. Non formate un gruppo pensando
“suoneremo hard rock” oppure “suoneremo funky”. Formatelo pensando “faremo
grandi canzoni, chi se ne frega del genere in cui qualcuno vorrà
classificarci”. Se invece siete interpreti, ovvero non scrivete canzoni,
cercate comunque un timbro vocale tutto vostro, qualcosa che rappresenti al
meglio quello che avete dentro e che allo stesso tempo non assomigli troppo a
quello di nessun altro cantante. Ovviamente, tutto questo discorso vale anche
per me stesso, ogni giorno che canto o scrivo.
La
tua famiglia cosa ne pensa di questo tuo sogno?
Sono molto fieri di me e mi sostengono
ogni volta che possono. Però non mancano mai anche di tenermi coi piedi per
terra. Quello della musica non è un mondo facile e si può cadere giù da un
momento all’altro anche quando ci si è dentro.
Date
future in cui poterti sentire?
Ricomincerò a settembre e le date sono
in via di definizione, ma presto vi aggiornerò.
Un ragazzo molto aperto e socievole, con
un grande talento. Gli auguro di riuscire in questo campo e di arrivare sul
palco dell’Ariston perché se lo merita davvero.
Come
promesso mi ritrovo qui a scrivere su Justin Bieber e sul suo nuovo singolo,
“As long as you love me”.
Una
canzone sicuramente molto elettronica, quasi dance.
Ci
racconta di un amore che può superare qualunque cosa, un amore disperato. Il
massimo del romanticismo e del volere questo amore a tutti i costi lo si vede
quando lui picchia il padre di lei perché impedisce il loro amore. (Forse dei
moderni Giulietta e Romeo, speriamo che il finale sia migliore). Proprio per
esprimere questo concetto il video è stato realizzato come uno Short-Film.
Il
tamburo della batteria sembra quasi battere al ritmo del cuore dei due
innamorati e di chi ascolta col fiato sospeso.
Nel
pezzo rap non mi fa impazzire il flow del rapper, ma nel contesto della canzone
questo intramezzo la rende più armonica e più
coinvolgente.
Una
canzone molto ritmata, che sa tirare le folle e fa venire voglia di ballare,
come del resto era anche Boyfriend.
A
mio parere, una canzone che sa davvero toccarti il cuore.