Il dualismo come chiave narrativa
Il titolo Mi ami mi odi non è solo un claim d’impatto: è la chiave di lettura dell’intero progetto. Elodie mette in scena il conflitto – affettivo, mediatico, sociale – come cuore pulsante della sua musica. Ogni traccia è un frammento emotivo che oscilla tra seduzione e rabbia, potere e vulnerabilità.
Nel brano d’apertura, Mi ami mi odi, prodotto da Dardust, le linee melodiche si spezzano su beat serrati e bassi da club berlinese. È un pezzo che parla di relazioni tossiche, ma anche del prezzo della visibilità. Elodie canta: “Mi ami perché brillo / mi odi se non ti guardo”, e il messaggio è trasparente: il giudizio del pubblico è una forma d’amore malato.
Estetica sonora: tra clubbing e cupezza romantica
Musicalmente, l’album è un melting pot che funziona. Ci sono influenze house (Black Nirvana), richiami all’italo disco, momenti orchestrali che esplodono in climax emozionali. Feeling, il duetto con Tiziano Ferro, sorprende: malinconico ma elettronico, minimale ma pieno di tensione. Un brano che non cerca la radio, ma il cuore.
Anche Dimenticarsi alle 7, presentata a Sanremo 2025, si muove in bilico tra classico e contemporaneo. È la Elodie più intima, quella che non recita ma si espone. E funziona.
L’immagine è sostanza
Non si può parlare dell’album senza citare il lavoro visivo e performativo che lo accompagna. Elodie continua a utilizzare il corpo come mezzo narrativo: provocazione, eleganza e potere si mescolano in un immaginario visivo che richiama Madonna, Grace Jones, ma anche l’estetica queer post-internet.
Il corpo di Elodie non è mai passivo: è linguaggio, superficie viva, manifesto politico. Non si tratta solo di “fare scandalo”, ma di affermare un’identità complessa, che non si lascia contenere.
Difetti? Solo se cerchi rassicurazioni
L’unico vero limite del disco sta, forse, in una freddezza calcolata. In alcune tracce – Trattenermi, Sempre gli stessi – si ha la sensazione che l’estetica prevalga sull’emotività. Ma è un rischio calcolato: Elodie non vuole accarezzare l’ascoltatore, vuole sfidarlo. E in un’Italia discografica ancora conformista, è già rivoluzione.
Conclusione: il pop non deve essere educato
Mi ami mi odi non è un disco che cerca approvazione. È una presa di posizione. Con questo album, Elodie non chiede il permesso di essere ascoltata: lo pretende.
E riesce nell’impresa più difficile per un’artista pop nel 2025: trasformare l’ambivalenza in stile, il conflitto in arte, il corpo in idea.
Che tu la ami o la odi, Elodie ha già vinto.
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