sabato 23 novembre 2013

VERDECANE - "EsseViPare"



“Suonatori, cantastorie, gitani, viaggiatori del sogno e dell’illusione, sperimentatori di linguaggi musicali, ma anche, esploratori di paesaggi letterari danzanti.
Per parlare dei Verdecane, per raccontare dei Verdecane, prendiamo in prestito le parole che Rostand scrive per Cirano nell’ultima appassionata autodescrizione: che fu tutto e non fu niente.
Suonatori e cantastorie, perché Non sei fregato veramente finchè hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla.
Dall’incontro di musicisti diversi, diversi quanto le realtà che si portano appresso scorrono le vite e nascono le storie di cui raccontano.
Personaggi dimenticati, individui relegati al margine perché diversi, lontani, ostinati, scomodi o ormai già passati attraverso troppe primavere.
Un viaggio tra contrabbandieri, folli, assassini, fattucchiere senza tempo; un viaggio tra locali irraggiungibili e amori forti, vivendo il sacro attraverso il profano.
Un viaggio in cui non si arriva mai, un viaggio autoreferenziale, un viaggio senza destinazione ne meta.
Un viaggio come un rendez vous tra viandanti dove ogni cosa che importa è avere una buona storia da raccontarsi.”

Queste sono le frasi con le quali si presentano, con le quali la gente li descrive e sentendo questo loro ultimo disco “EsseViPare”, secondo me descrive molto bene anche questo lavoro.
Il titolo “EsseViPare”, è una citazione Pirandelliana, ci rimembra “Così è (se vi pare)”, famosa opera teatrale di Luigi Pirandello. Questa frase rappresenta un relativismo delle forme, delle convenzioni e dell’esteriorità, un’impossibilità a conoscere la verità assoluta (almeno nell’accezione Pirandelliana, che però mi sembra sia ampiamente rispettata in questo caso).
Lo stile che li caratterizza è molto vago e vario, spazia dal blues al folk di paese, dallo ska ballabile alla musica balcanica (molto presente in questo disco). Sanno creare un sound avvolgente, che sa entrarti in testa e trasmetterti sensazioni che di solito solo un buon libro sa darti.

Il mio consiglio è di ascoltarli e lasciarvi coinvolgere dal loro sound, senza pregiudizi o preconcetti, ma solo con la voglia di lasciarsi andare e guardare la verità sotto una nuova luce, con un nuovo sguardo, con nuovi occhi.

mercoledì 20 novembre 2013

Avril Lavigne - "Avril Lavigne"



“Avril Lavigne” il nuovo scoppiettante album di Avril Lavigne, una canzone diversa dall’altra, mille generi che si intrecciano tra loro, creando un album del tutto nuovo e che sicuramente dimostra maturità, voglia di conoscersi sempre di più e voglia di dimostrare la grande artista che è.
Tredici brani, quarantasei minuti di musica, che ascolti senza  smettere col fiato sospeso, senza mai stancarti, a ripetizione quasi continua. Ma essendo Avril Lavigne c’era da aspettarsi che anche questo album fosse un successone in tutti i sensi.
“Rock’n’Roll”, un singolo molto grintoso, come era la Avril dei primi tempi, quella di “Complicated” e “Sk8er Boy”, quasi voler sottolineare che non vuole crescere, che vuole rimanere sempre se stessa, sempre quella ragazzina ribelle e piena di talento.
Un testo dai sound molto giovanili, grintosi, con una presenza predominante della batteria e della chitarra elettrica. Che si tiene in linea col secondo brano contenuto in questo album “Here’s to never growing up”.
“Here’s to Never Growing Up”, la classica canzone da ballo scolastico (“Prom” per chiamarlo all’inglese), molto grintosa anche essa. Tecnicamente non facile, per i continui stacchi e il ritmo molto incalzante. Si sottolinea, di nuovo, l’idea del rimanere sempre se stessa, non crescere, che il tempo di essere giovani non è finito, se ci si sente giovani dentro.
“17”, cambia leggermente il genere, ma troviamo lo stesso ritmo incalzante di “Here’s to never growing up” e anche una vicinanza stilistica. Ritorna il concetto di libertà, libertà di essere, che è sempre stato un concetto centrale di tante canzoni di Avril. Ci avviciniamo alla dolcezza di “Let Me Go” in alcuni punti, per poi tornare al ritmo incalzante che troviamo all’inizio della canzone.
“Bitchin’ summer”, anche qui un ritmo che incalza, anche se molto più lineare delle canzoni precedenti. Una canzone che ancora una volta ci parla di ribellione, di giovinezza, come è giusto che sia alla giovane età dell’artista. Qui ci troviamo anche davanti a pezzi rap all’interno del testo, un genere in cui Avril fino ad oggi non si era ancora, mai, cimentata, ma in cui non è per nulla male.
“Let Me Go”, la canzone più dolce di tutto l’album, fatta in collaborazione col marito, Chad Kroeger. Una canzone che in parte ricorda “Slipped away”, “Keep Holding On” e “When you’re gone”, la loro dolcezza, la loro melodia. Il piano iniziale, che rimane lo strumento principale per tutta la canzone, riesce ad esprimere l’infinita dolcezza di questa canzone, riuscendo a trasmettere, forse ancora di più del cantato l’emozionalità di questa canzone, trasformandola in una delle più belle, se non la più bella canzone di questo album.
“Give you what you like”,una canzone dolce ma con un ritmo che incalza al tempo stesso, per una predominanza della batteria, che sembra quasi un battito di mani in alcuni punti. La chitarra segue e non segue la voce, creando un intreccio che dà emozione e atmosfera alla canzone stessa.
“Bad Girl”, canzone tendente al metal, fatta in collaborazione con Marilyn Manson, amico della cantante ormai da parecchi anni (si dice che Avril lo conobbe all’età di 18 anni e che siano amici da allora). Una canzone molto diversa da quelle a cui siamo abituati a sentire di Avril, forse la voglia di riuscire ad attirare anche un pubblico un po’ diverso o solo la voglia di sperimentare, chissà…, sicuramente un’altra sperimentazione riuscita e che, secondo me, farà impazzire il pubblico e le radio.
“Hello Kitty”, una canzone dedicata alla gattina, intesa non solo come Hello Kitty, ma non ci dilunghiamo troppo sul significato palese e nascosto di questa canzone. Una canzone in pieno stile dance, dal ritmo che ti fa venire voglia di ballare. Anche se è molto discutibile la qualità del testo e la scelta di questa canzone, diciamo che, secondo me, era meglio se questa canzone la teneva chiusa nel cassetto e non la editava nel disco, ma quello che è fatto è fatto.
“You Ain’t Seen Nothin’ Yet”, una canzone d’amore, ci descrive l’amore, quell’amore a prima vista, quello che appena vede l’altra persona ti lascia senza fiato, che ti fa cadere la mandibola. Dice le parole che forse qualunque donna innamorata vorrebbe dire al proprio lui. Il ritmo è molto incalzante, cosa che quasi mai succede nelle dichiarazioni d’amore, ma forse proprio questa caratteristica la rende piena di emozionalità e di atmosfera.
“Sippin’ on sunshine”, un testo in pieno stile “R&B”, una canzone che esprime voglia di vivere e di amare in tutti i sensi. Un ritmo molto incalzante, marcato anche dalla grancassa della batteria che tiene il tempo.
“Hello Heartache”, una canzone molto giudiziosa, quasi una riflessione, rispetto ad alcune delle precedenti, descrive un amore, un’amicizia che finisce, ma non è la fine, è solo un arrivederci, un addio, ma non è per sempre. Di nuovo molto dolce, non come “Let me Go”, ma la dolcezza che esprime e i sentimenti che comunica sono quasi i medesimi.
“Falling Fast”, qui ci troviamo davanti ad un’altra canzone di una dolcezza infinita, che dà i brividi.
Stamattina mi sono svegliata ed ho visto il sole
Tu sei arrivato senza avvisarmi
Mi hai messo un sorriso sul volto
Vorrei fosse così ogni mattina
[…..]
Mi sto innamorando profondamente
E spero che duri
Mi sto innamorando intensamente di te
Io dico di provarci, di resistere finché riusciamo
So che provi la stessa cosa
Mi sto innamorando profondamente
Sì, mi sto innamorando […]”
Ho voluto mettere questi versi, per far capire l’infinita dolcezza e tenerezza di questa canzone e del suo testo.
“Hush Hush”, un’altra canzone dolcissima, ma tristissima allo stesso tempo. Al primo ascolto sa già metterti le lacrime e infonderti quasi una tristezza senza precedenti.

Un album, tecnicamente e stilisticamente vario e complesso, senza precedenti, forse il migliore album di Avril Lavigne, e forse se l’ha chiamato come lei un motivo ci sarà.


Intervista ad Alphaboy

Potete ascoltare l'intervista sul mio canale IGTV (@ema2503):  https://www.instagram.com/tv/B-cZTXQIe2E/?utm_source=ig_web_copy_link